Carlo Carrà

Carlo Carrà (Carlo Dalmazzo Carrà) nasce a Quargnento, in provincia di Alessandria, l'11 febbraio 1881 in una famiglia di artigiani. E’ stato un pittore italiano, critico d'arte e scrittore; noto come uno dei firmatari del Manifesto Futurista, ha sperimentato diverse tendenze artistiche, dal Realismo al Divisionismo, dalla Metafisica, al "realismo mitico" degli anni Venti e Trenta del 900 italiano. Dopo un breve apprendistato come imbianchino iniziato a soli 12 anni, si trasferisce prima a Milano nel 1895, e poi nel 1899-1900 a Parigi, dove sarà impegnato a decorare i padiglioni dell’Expositione Universelle. Qui si appassiona al mondo dell’arte ed entra in contatto con i principali pittori del momento, come Manet, Renoir, Monet, Gauguin e Cézanne. Si entusiasma particolarmente per l'Impressionismo e si avvicina a gruppi anarchici, studiando le opere di Karl Marx e Michail Bakunin.

Nel periodo 1904/5 rientrato a Milano decide di frequentare i corsi della Scuola serale d'arte applicata e nel 1906, grazie a due premi artistici ed a un sussidio di uno zio paterno, si iscrive all’Accademia di Brera, dove sarà anche professore. Dopo una breve ma intensa sperimentazione con la pittura divisionista, la vera svolta artistica per Carrà arriva nel 1908, anno in cui conosce Marinetti, avvicinandosi così alla pittura futurista. Nel 1910 firma il Manifesto dei Pittori Futuristi di Marinetti entrando a far parte del gruppo per sei lunghi anni; collabora attivamente alla stesura dei concetti principali del movimento con articoli pubblicati anche sul giornale Acerba. Carrà ha concepito i suoi soggetti come immagini dinamiche atte a dare la sensazione di movimento; i suoi quadri sono destinati attraverso il colore a eliminare la legge fissa della gravità dei corpi. Le principali opere di questo periodo sono ( La stazione di Milano 1910, I funerali dell'anarchico Galli 1910, La Galleria di Milano 1912, Donna al balcone 1912).

A partire dal 1915 Carrà comincia a sentire l'esigenza di abbandonare i temi della velocità e del dinamismo tipici del futurismo, cercando un contatto più strutturato con il reale, complice anche la guerra che coinvolgerà Carrà prima con un'intensa attività interventista, poi con la chiamata alle armi. Ricoverato all’ospedale di Ferrara, conosce Giorgio De Chirico, Alberto Savinio e Filippo de Pisis, con i quali definirà i principi teorici della Metafisica. Dopo alcune opere in stile dechirichiano, il pittore raggiunge ben presto una propria individualità; Carrà non rimane confinato tra le formule tipiche del movimento metafisico, ma nella sua arte la metafisica fu decisamente superata dalla poesia e dal senso del magico. I dipinti più celebri di questo periodo sono ( Il cavaliere occidentale (1917), Madre e figlio 1917, Ritratto di donna, Le figlie di Loth 1919 ). Proprio il dipinto “Le figlie di Loth” testimonia la ricerca artistica portata avanti tra dal 1915 al 1916 e segna un ulteriore passaggio tra la pittura metafisica e il realismo magico.

Dal 1926 Carrà trascorre l’estate a Forte dei Marmi ed è proprio in Versilia che il pittore scopre paesaggi adatti a sperimentare il suo rinnovato linguaggio artistico, più ordinato e oggettivo. Siamo di fronte ad una nuova e ultima svolta nel percorso artistico di Carrà, che lo porta ad abbandonare anche la metafisica, spinto dal desiderio di "essere soltanto se stesso". In questa ultima fase più matura la pittura deve cogliere quel rapporto che comprende il bisogno di immedesimazione con le cose, di astrazione e di contemplazione del paesaggio. L’artista anche in questo caso si affida alla divisione equilibrata dei piani e degli spazi per approdare all’equilibrio tra l’elemento concreto e la trasfigurazione. Carrà muore il 13 Aprile del 1966 a Milano.

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